Premessa

Il principio di equivalenza previsto dall’art. 79 in combinato disposto con l’Allegato II.5 del D. Lgs. 36/2023, come chiarito dalla Delibera ANAC del 3 luglio 2024, n. 320, può non essere invocato quando una Stazione appaltante ha individuato, fin dalla fase di programmazione del suo fabbisogno e di indizione della procedura, una particolare tipologia di servizio di suo interesse, connotata da specifiche caratteristiche e modalità operative e, ritenuta l’unica idonea a soddisfare l’interesse pubblico sotteso alla selezione del contraente.

Introduzione normativa e condizioni di applicabilità

Preliminarmente si rammenta che il principio di equivalenza, introdotto dall’art. 68 del D. Lgs. n. 50 del 2016 in attuazione dell’art. 42 della direttiva 2014/24/UE e confermato nel nuovo Codice dei Contratti pubblici, D. Lgs. 36 del 2023, in particolare nell’Allegato II.5-Specifiche tecniche ed etichettature, per consolidata giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, III, 10 febbraio 2022, n. 1006; V, 17 febbraio 2022, n. 1186) permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, sul presupposto che la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità.

In questi termini, il principio di equivalenza è finalizzato ad evitare che un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici precluda l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Cons. Stato, IV, 7 giugno 2021, n. 4353).

Il principio di equivalenza, quindi, trova generale applicazione, ed è volto a tutelare la libera concorrenza e la par condicio tra i partecipanti alle gare. In base a tale principio, l’offerente può fornire con qualsiasi mezzo appropriato la prova che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche, fermo restando che la stazione appaltante deve essere messa nelle condizioni di svolgere una verifica effettiva e proficua della dichiarata equivalenza (Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione IV, sentenza 12 luglio 2018, C-14/17). La possibilità di ammettere, a seguito di valutazione della stazione appaltante, prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione.

Il principio in questione presuppone, quindi, la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante (Cons. Stato, III, 7 luglio 2021, n. 5169; 22 novembre 2017, n. 5426), quale “conformità sostanziale” con le dette specifiche tecniche, nella misura in cui queste vengano nella sostanza soddisfatte (Cons. Stato, V, 25 marzo 2020, n. 2093).

Casi di esclusione dell’applicazione del principio di equivalenza

Tuttavia, tale principio come già anticipato non può ritenersi operante nel caso in cui l’offerta comprenda una soluzione, la quale, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispetti le caratteristiche tecniche obbligatorie previste nel capitolato di appalto e individuate, pertanto, sin in sede di predisposizione della lex specialis di gara.

In giurisprudenza, si rinviene l’insegnamento per cui l’individuazione delle specifiche tecniche di una fornitura costituisce l’estrinsecazione di ampia discrezionalità amministrativa; spetta alla Pubblica Amministrazione la ricognizione delle esigenze da soddisfare mediante l’approvvigionamento e, in via consequenziale, dei requisiti necessari al relativo soddisfacimento.

Tale discrezionalità è assoggettata ai limiti propri di ogni azione amministrativa e, nel settore dei contratti pubblici, al generale principio di concorrenza (cfr. TAR Milano, sez. IV, 15 maggio 2020, n. 823).

In virtù di ciò, le caratteristiche tecniche della fornitura devono essere enucleate dalla Pubblica Amministrazione in modo tale da favorire la più ampia partecipazione alla gara, ferma restando la necessità di soddisfare appieno le esigenze della stazione appaltante. L’Amministrazione procedente, in sede di elaborazione della lex specialis della gara, dovrà, pertanto, evitare di inserire requisiti che in modo irragionevole restringano la platea dei concorrenti ammessi, individuando specifiche non rivolte al soddisfacimento di un effettivo bisogno, ma tendenti in via esclusiva a limitare ex ante gli interlocutori (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III-quater, 20 marzo 2023, n. 4732; TAR Lombardia, Milano, II, 4.3.2024, n. 616; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 22.11.2022 n. 15442).

Pertanto, se è vero che le specifiche tecniche non devono essere individuate in modo da restringere ingiustificatamente la concorrenza, dovendosi consentire l’accesso alla gara anche di prodotti e servizi che, pur se non perfettamente rispondenti alle stesse, siano tuttavia idonei a consentire il perseguimento delle esigenze dell’Amministrazione, è, altresì, vero che l’individuazione delle esigenze funzionali rientra nell’ambito delle scelte di merito dell’Amministrazione che non possono essere modificate al solo scopo di garantire una maggiore apertura del mercato (in tal senso TAR Campania Napoli, sez. 22.4.2024, n. 2655).

La  Stazione appaltante, inoltre, può, specificare i requisiti minimi della fornitura richiesta, anche con riferimento ad una specifica marca di “produzione” o di “fabbricazione”, al fine di meglio chiarire il prodotto che intende acquisire e, tale scelta è sindacabile dall’Autorità solo laddove risulti manifestamente illogica o irragionevole, ovvero nelle ipotesi in cui la scelta gestionale adottata dall’Amministrazione determini una ingiustificata restrizione della concorrenza, non sorretta da reali motivazioni di natura tecnica. Risulta evidente, dunque, che la specificazione delle caratteristiche tecniche di un prodotto sia consentita, in via di eccezione, nel caso in cui non sia diversamente possibile una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto dell’appalto e che, come nel caso di specie, si tratti di forniture in un certo senso accessorie alla strumentazione già in dotazione, connotandosi per la loro sostanziale infungibilità.

L’inapplicabilità del principio con l’applicazione del criterio del prezzo più basso

In questo senso appare quindi rilevante precisare che, la giurisprudenza è granitica nel ritenere che, qualora la Stazione Appaltante, per l’affidamento della procedura applica il criterio del minor prezzo ai sensi dell’art. 108 comma 3 del D.lgs. 36/23, difetta il presupposto della possibilità, per la stessa, di valutare discrezionalmente le caratteristiche oggettive e funzionali del prodotto offerto, in quanto il sistema prescelto di aggiudicazione è riferito ad una prestazione già puntualmente individuata nei suoi elementi caratteristici dalla legge di gara. 

Difatti, qualora la Stazione Appaltante, ha nei suoi documenti di gara individuato aspetti tecnici per le forniture richieste – caratterizzate da ben definite caratteristiche e modalità operative – che i partecipanti alla gara sono tenuti ad offrire alle condizioni economiche più favorevoli; non è dunque richiesta (o, per meglio dire, consentita) l’offerta di un servizio in tutto o in parte diverso, quand’anche le differenze rispetto alle indicazioni della legge di gara siano giustificate come analoghe, se non addirittura “migliorative” rispetto a queste ultime.

Pertanto, in presenza di una richiesta di prodotti già definita dalla Stazione Appaltante nei suoi dettagli rispetto alla quale la legge di gara prevede esclusivamente un confronto competitivo basato sull’offerta del prezzo più basso – e relativamente alla quale, significativamente, la medesima legge di gara neppure menziona la possibilità di forniture funzionalmente “equivalenti” a quanto ivi descritto – le eventuali difformità sostanziali del “prodotto” offerto rispetto a tali prescrizioni potrebbero integrare un aliud pro alio, con conseguente esclusione dalla procedura (come ben chiarito da Cons. Stato, sez. V, 8 maggio 2023, n. 4624).

Conclusioni

Se ne deduce, dunque, che il principio di equivalenza (di cui all’art. 79 e all’allegato II.5 del D.lgs. n. 36/2023) non può dunque essere invocato per ammettere offerte che, sul piano oggettivo, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie, previste nel capitolato di appalto, poiché il richiamo al principio di equivalenza in un siffatto caso avrebbe l’effetto di distorcere l’oggetto del contratto, al punto da consentire agli operatori economici partecipati di offrire un bene radicalmente diverso rispetto a quello descritto nella lex specialis, così finendo per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto e per modificarne surrettiziamente i contenuti in danno della stessa SA e degli operatori economici concorrenti che puntualmente osservano la disciplina di gara  (in tal senso ex multis TAR Palermo, sez I, 19.1.2024, n. 198; Cons. Stato sez V, 20.6.2022 n. 5034;Cons. Stato, V, n. 5258/19 cit., ribadita da Cons. Stato, III, 9 febbraio 2021, n. 1225).