Premessa
Cos’hanno in comune “sistema sportivo” e “contrattualistica pubblica”? Se pensiamo ad essi come a due universi lontani, avremo da una parte il dinamismo, il fascino e la passione del primo contrapposti alla precisione e complessità del secondo. Sono due mondi che, a prima vista, sembrano appartenere ad orbite differenti ma che – a ben guardare – convergono almeno verso un elemento in comune: quello della competizione. Da un lato il concetto di competizione affonda le proprie radici nell’etica sportiva e in principi come il “fair play”; all’altro il tema del “confronto”, della gara, si articola lungo l’asse dei principi generali dell’evidenza pubblica: par condicio, pubblicità, trasparenza, concorrenza. Perché parlare di convergenza? Perché il campo da gioco non è più solo il terreno sportivo, ma anche quello delle gare pubbliche, dei «partenariati», delle varie forme di dialogo tecnico-competitivo e delle opportunità offerte da un quadro normativo sempre più integrato e sempre meno rigido. Le ASD/ASD, pertanto, non sono più soltanto attori locali dell’ordinamento sportivo ma possono assurgere a veri e propri partner strategici della Pubblica Amministrazione e quindi anche stakeholders del sistema di approvvigionamento pubblico. Questa convergenza ci costringe, allora, ad un cambio di prospettiva: non è solo questione di burocrazia, ma di come lo sport, con i suoi valori di inclusione, coesione e sviluppo sociale possa trasformarsi in un motore di innovazione e sostenibilità, in primis per il territorio. Sulla scorta di tali premesse, la trattazione che segue affronterà, dapprima, gli aspetti teorici relativi all’inquadramento degli istituti nella forma generale del Partenariato Pubblico ed in quella speciale delle concessioni e del project financing per concludere con un approfondimento sulle procedure semplificate dedicate alla riqualificazione degli impianti sportivi (tratto da Convegno “affidamento e gestione degli impianti pubblici per la pratica sportiva” -Regione Lazio,21/1/2024, relatore P.L. Girlando)
Impianti con rilevanza economica e privi di rilevanza economica
Prima di procedere nel dettaglio della presente disamina, risulta di fondamentale importanza partire da una prima e generale suddivisione: quella tra opere/servizi con rilevanza economica e opere/servizi privi di rilevanza economica, (parere ANAC n. 1300/2016 in riferimento all’impiantistica sportiva).
In merito al tema, Palazzo Sciarra ha osservato che l’affidamento a terzi della gestione di un impianto sportivo comunale deve essere inquadrato nella concessione di pubblico servizio, pertanto l’ente locale che intenda affidare a terzi tale gestione è tenuto, ai sensi dell’articolo 30, comma 3, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ad indire una procedura selettiva tra i soggetti qualificati in relazione al suo oggetto. A tal riguardo, in ordine alle modalità di affidamento di tale gestione, alla luce delle intervenute disposizioni del d.lgs. 50/2016 (applicabile ratione temporis), occorre distinguere tra impianti con rilevanza economica ed impianti privi di rilevanza economica. Laddove gli impianti sportivi con rilevanza economica sono quelli la cui gestione è remunerativa e quindi in grado di produrre reddito, mentre gli impianti sportivi privi di rilevanza economica sono quelli la cui gestione non ha tali caratteristiche e va quindi assistita dall’ente. Più in particolare «ai fini della definizione della rilevanza economica del servizio sportivo è necessario distinguere tra servizi che si ritiene debbano essere resi alla collettività anche al di fuori di una logica di profitto d’impresa, cioè quelli che il mercato privato non è in grado o non è interessato a fornire, da quelli che, pur essendo di pubblica utilità, rientrino in una situazione di mercato appetibile per gli imprenditori in quanto la loro gestione consente una remunerazione dei fattori di produzione e del capitale e permette all’impresa di trarre dalla gestione la fonte della remunerazione, con esclusione di interventi pubblici» (TAR Lazio, 22 marzo 2011 n. 2538). Come evidenziato dalla Federazione istante, nel settore sportivo sussistono diverse tipologie di impianti, distinte per bacino d’utenza, per grandezza, per attività alle quali sono deputati; pertanto, la redditività di un impianto sportivo deve essere valutata caso per caso, con riferimento ad elementi quali i costi e le modalità di gestione, le tariffe per l’utenza, le attività praticate. In ragione di ciò la gestione dei predetti impianti può essere ascritta alla categoria delle concessioni di servizi se ricorrono gli elementi a tal fine indicati dal legislatore…omissis
La ripartizione di cui sopra, si è visto, pare di rilevante importanza ai fini della corretta individuazione del modello contrattuale, sicché laddove il servizio si configuri con rilevanza economica – stante la presenza di un rischio operativo in capo al privato ed al potenziale recupero degli investimenti sull’utenza – sarà necessario per l’ente concedente procedere tramite concessione. In caso contrario, qualora l’attività del gestore sia resa direttamente in favore dell’ente pubblico, senza alcun trasferimento del rischio in capo al gestore, dovrà farsi riferimento all’appalto di servizi.
Il Contratto pubblico: differenza tra appalto e concessione
Il Codice dei contratti evoca la categoria da sempre misteriosa e per certi versi contradditoria, di contratto pubblico (F. Caringella). Nell’ambito di tale apparente contrasto (il Caringella parla anche di “ossimoro apparente” in riferimento alla natura antitetica che interviene tra anima privatistica del contratto e imperatività e unilateralità del public power), troviamo tra i contratti passivi della P.A. una altrettanto storica divisione – non sempre di facile risoluzione – ovvero quella tra appalto e concessione. Ma andiamo per gradi. La nozione di contratto di appalto pubblico la ritroviamo all’art. 2, lettera b) dell’allegato I.1 al Dlgs 36/2023 come quel “contratto a titolo oneroso tra S.A. ed o.e. avente per oggetto l’esecuzione di lavori, l’acquisto di beni o la prestazione di servizi”. Si tratta, a ben guardare, di una tipologia sostanzialmente differente da quella di matrice civilistica. L’appalto pubblico, a differenza della nozione di appalto che si ricava all’art. 1655 del cod. civ., non è un tipo di contratto bensì “un modello generale aperto a ogni negozio tipico o atipico per l’acquisizione di beni, servizi o lavori” (Manuale dei contratti pubblici, Dike Giuridica, Carbone, Caringella, Rovelli). Dunque, il contratto di appalto – nei termini pubblicistici che qui ci interessano (e sia che si tratti di lavori, beni o servizi) costituisce un negozio a titolo oneroso tra Stazione appaltante ed operatore economico. La concessione, viceversa, prevede altresì la presenza di un contratto a titolo oneroso ma in questo caso il corrispettivo consiste unicamente nel diritto di gestire, da parte del privato, i lavori o i servizi oggetto dell’accordo eventualmente accompagnato da un prezzo. Il contratto di concessione rappresenta una tipologia del più ampio genus del partenariato pubblico-privato.
Le differenze più evidenti tra i due istituti possono essere riassunte, sulla base di tre diverse angolazioni, secondo la seguente ripartizione:
- In base al destinatario: se questo coincide con la PA si tratta di appalto; se coincide con l’utenza si avrà concessione.
- In base al costo: se a carico della PA (appalto) se a carico dell’utenza (concessione).
- Sulla base del rischio: se questo è in capo alla PA (appalto), se è in capo all’operatore economico (concessione).
La categoria dei partenariati pubblici: il rischio operativo
Abbiamo visto come quello del partenariato rappresenti un modello ampio e generale; modello che affonda le proprie radici anche nelle fondamenta della Costituzione. Ne è un esempio rappresentativo quello previsto all’art. 6 del Dlgs 36/20223 con cui il legislatore ha sancito la coesistenza di due modelli organizzativi alternativi (nel caso dei servizi sociali) l’uno fondato sulla concorrenza, l’altro sulla solidarietà e sulla sussidiarietà orizzontale. Il secondo tipo di affidamenti riguarda i servizi sociali di interesse generale erogati dagli enti del Terzo settore (ETS) e non rappresenta una deroga, da interpretare restrittivamente, al modello generale basato sulla concorrenza, bensì uno schema a sua volta generale da coordinare quale attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale ex art. 118 co 4 Cost., configurando altresì uno strumento di applicazione dei doveri di solidarietà sociale necessari a realizzare il principio personalista su cui si fonda il nostro impianto costituzionale. Questa tipologia di partnership tra enti iscritti al RUNTS e Pubblica Amministrazione è coerente e condivide i caratteri del c.d Partenariato Pubblico -Pubblico fondato sulla collaborazione tra amministrazioni per la realizzazione di attività di interesse comune in mancanza di un rapporto sinallagmatico che preveda uno scambio di prestazioni. In questo caso, la co-amministrazione pubblico-privata proposta non si basa infatti sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, ma sulla convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico (secondo le indicazioni della Corte costituzionale, sent. 131/2020). Altre forme di collaborazione, stavolta di natura “pubblica-pubblica”, le ritroviamo nel solco della legge sul procedimento amministrativo (L. 241/1990) che all’art. 15 disegna l’archetipo di accordo tra pubbliche amministrazioni stabilendo che anche al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 14 (le conferenze di servizi), le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.
Nell’ambito del Codice dei contratti, la disciplina speciale è dettata dall’art. 7 co 4 del Dlgs 36/2023 in tema di cooperazione tra stazioni appaltanti o enti concedenti volta al perseguimento di obiettivi di interesse comune. Tali accordi non rientrano nell’ambito di applicazione del codice quando concorrono tutte le seguenti condizioni:
a) interviene esclusivamente tra due o più stazioni appaltanti o enti concedenti, anche con competenze diverse;
b) garantisce la effettiva partecipazione di tutte le parti allo svolgimento di compiti funzionali all’attività di interesse comune, in un’ottica esclusivamente collaborativa e senza alcun rapporto sinallagmatico tra prestazioni;
c) determina una convergenza sinergica su attività di interesse comune, pur nella eventuale diversità del fine perseguito da ciascuna amministrazione, purché l’accordo non tenda a realizzare la missione istituzionale di una sola delle amministrazioni aderenti;
d) le stazioni appaltanti o gli enti concedenti partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione.
A differenza del Dlgs 50/2016, il legislatore del 2023 definisce il PPP non più un “contratto”, bensì “una operazione economica”. Il Nuovo Codice recepisce espressamente la distinzione, già nota al diritto euro- unitario, tra PPP contrattuale (cfr. art. 174, comma 3 del Nuovo Codice) e PPP istituzionale. Nelle operazioni di PPP è prevalente il rischio concernente la disponibilità/offerta della struttura realizzata secondo un rapporto trilaterale (ente concedente -privato -utenza). L’operazione economica di PPP è, dunque, il genus cui appartengono molteplici schemi contrattuali tipici (i.e. locazione finanziaria, contratto di disponibilità, concessioni, anche nella forma della finanza di progetto) o atipici ammettendosi espressamente la possibilità di ricorrere anche a forme non tipizzate aventi i contenuti di cui al comma 1 dell’art. 174 del Codice dei contratti e che siano dirette a realizzare interessi meritevoli di tutela (es. sponsorizzazioni pure/tecniche).
Quali sono le condizioni ex art. 174 Dlgs 36/2023?
a) tra un ente concedente e uno o più operatori economici privati è instaurato un rapporto contrattuale di lungo periodo per raggiungere un risultato di interesse pubblico;
b) la copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto proviene in misura significativa da risorse reperite dalla parte privata, anche in ragione del rischio operativo assunto dalla medesima;
c) alla parte privata spetta il compito di realizzare e gestire il progetto, mentre alla parte pubblica quello di definire gli obiettivi e di verificarne l’attuazione;
d) il rischio operativo connesso alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi è allocato in capo al soggetto privato.
Considerato che con l’operazione di PPP si trasferisce sul privato la gestione di progetti pubblici, anche tale istituto – come nel caso della co-programmazione / co progettazione di cui all’art. 6 del Dlgs 36/2023 / art. 55 Codice ETS poc’anzi esaminato, potrebbe configurarsi quale strumento di attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 co 4 Cost. menzionato nei paragrafi precedenti. Parte della dottrina, tuttavia, ha evidenziato che il PPP non prevede una completa sostituzione della parte pubblica con la parte privata poiché la prima mantiene comunque un ruolo propulsivo, direttivo e di controllo. L’istituto del PPP costituirebbe, quindi, una sorta di tertium genus tra l’autoproduzione e la privatizzazione di un’attività, distinguendosi – in tal maniera -dalle forme di co-progettazione del regolate dal Codice del terzo settore. Volendo riassumere, il partenariato pubblico-privato è caratterizzato da alcuni requisiti fondamentali:
- l’assunzione del rischio operativo da parte del privato;
- la significativa partecipazione del privato al finanziamento del progetto;
- l’equilibrio economico finanziario dell’iniziativa
Abbiamo ribadito più volte che nell’ambito delle concessioni (sub -specie del PPP), il corrispettivo equivale al diritto di gestire l’opera/servizio oppure tale diritto affiancato da un prezzo.
Nell’ambito di tale attività, come visto, il privato si assume il rischio e deve trattarsi di un rischio «effettivo»:
- di disponibilità
- di costruzione
- di domanda/offerta
il rischio operativo deve derivare da “fattori esterni non soggetti al controllo delle parti».Soccorre sul punto la disposizione del Dlgs 36/2023 di cui al comma 1, dell’art. 177 che chiarisce che “l’aggiudicazione di una concessione comporta il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi e comprende un rischio dal lato della domanda o dal lato dell’offerta o da entrambi…Il comma 2 del medesimo articolo prosegue specificando che “si considera che il concessionario abbia assunto il rischio operativo quando, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione”.In particolare, per quanto concerne l’elemento del rischio, la P.A risulterà sollevata in tutto o in parte sia dall’onere finanziario, sia dal rischio di perdita economica che potrebbe derivare dalla gestione del servizio/opera così che l’alea operativa trasmessa al concessionario debba difatti comportare, per questi, una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato.
La Corte di Giustizia UE ha specificato che all’operatore deve essere, in particolare, trasferita la maggior parte dell’alea legata alla gestione dell’opera o del servizio o per lo meno una porzione “significativa” della stessa Sul punto il nuovo codice all’art. 177, comma 2, specifica che “la parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una effettiva esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile”. Pertanto, ai fini della configurabilità della concessione è necessario che all’operatore siano trasferiti i “rischi operativi”, ossia i rischi di natura economica o tecnica connessi all’alea della gestione, che possono riguardare il lato della domanda o dell’offerta o di entrambi. Se non avviene un trasferimento di tali rischi il rapporto è qualificabile come un appalto (v. sul tema anche Cons. di Stato n. 2426/2021). Inoltre, in base all’art. 177, comma 6, del CCP (in riferimento al Partenariato Pubblico-Privato contrattuale) “se l’operazione economica non può da sola conseguire l’equilibrio economi- co-finanziario, è ammesso un intervento pubblico di sostegno. L’intervento pubblico può consistere in un contributo finanziario, nella prestazione di garanzie o nella cessione in proprietà di beni immobili o di altri diritti. Non si applicano le disposizioni sulla concessione, ma quelle sugli appalti, se l’ente concedente attraverso clausole contrattuali o altri atti di regolazione settoriale sollevi l’operatore economico da qualsiasi perdita potenziale, garantendogli un ricavo minimo pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi che l’operatore economico deve sostenere in relazione all’esecuzione del contratto. La previsione di un indennizzo in caso di cessazione anticipata della concessione per motivi imputabili all’ente concedente, oppure per cause di forza maggiore, non esclude che il contratto si configuri come concessione»
Sulla base della presenza o meno di un contributo pubblico e della capacità di mantenere un determinato equilibrio economico finanziario si distinguono:
- opere calde: dotate di intrinseca capacità di generare reddito grazie ai ricavi dell’utenza;
- opere tiepide: tipologia intermedia che necessita di un parziale contributo pubblico per ottenere la fattibilità finanziaria dell’operazione;
- opere fredde: servizi in favore della PA che remunera il privato
Le concessioni sottosoglia: no all’affidamento diretto
L’art. 187 del Dlgs 36/2023 rubricato “Contratti di concessione di importo inferiore alla soglia europea” prevede che per l’affidamento dei contratti di concessione il cui valore sia inferiore alla soglia di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a) (Soglia UE) l’ente concedente può procedere mediante procedura negoziata, senza pubblicazione di un bando di gara, previa consultazione, ove esistenti, di almeno 10 operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici. Resta ferma la facoltà per l’ente concedente di affidare gli stessi contratti di concessione di importo inferiore alla soglia europea mediante le procedure di gara disciplinate dal presente Titolo II (procedura con bando e dialogo competitivo). Il nuovo Codice non prevede, dunque, per le concessioni alcun richiamo alla norma sugli affidamenti diretti ex articolo 50 D.Lgs 36/2023, che trova la sua applicazione solo per l’affidamento diretto di lavori, servizi e forniture di importi inferiori a quelli individuati dalla norma, come confermato anche dal MIT secondo cui, in assenza di esplicita disposizione normativa, non è ammissibile l’affidamento diretto in questi casi.
Accelerazione e semplificazione per l’impiantistica sportiva
Norma di riferimento in tema di procedure semplificate dedicate all’impiantistica sportiva è il Dlgs 38/2021. A ben guardare, il fine di tali disposizioni risiede in una razionalizzazione della disciplina volta alla creazione di un quadro di sistema per gli interventi di costruzione di nuovi impianti, ma soprattutto per l’ammodernamento ed il recupero del patrimonio immobiliare esistente, come evidenziato nell’art. 1, che indica quale oggetto del decreto, “norme in materia di costruzione, ristrutturazione, gestione e sicurezza degli impianti sportivi, compresi quelli scolatici”, evidenziando l’importanza della previsione, nella normativa di settore, dell’impiantistica sportiva scolastica (A. Busacca). L’art.4, rubricato “Misure di concentrazione, accelerazione e semplificazione” rappresenta la disposizione più articolata ma allo stesso tempo una innovazione data la previsione di un procedimento semplificato e con tempi limitati per la valutazione delle proposte di intervento per la costruzione e/o l’ammodernamento degli impianti. Procedura che è possibile sintetizzare secondo i seguenti passaggi fondamentali che, per quanto concerne il nucleo procedimentale, avvengono tramite lo strumento della finanza di progetto.
- Proposta del Soggetto Privato (Promotore) – DOCFAP / PFTE E PEF
- Valutazione di Fattibilità della Proposta –Conferenza di servizi preliminari
- Se la proposta è ritenuta valida, l’amministrazione la dichiara di pubblico interesse (entro 60 gg)
- Presentazione da parte del promotore del progetto definitivo + bozza convenzione e PEF asseverato
- Conferenza servizi decisoria (entro 60 giorni decisione) con richiesta eventuali modifiche progettuali
- Avvio della Procedura di Gara / dialogo competitivo (da chiudere entro 120 gg)
La proposta/ Progetto definitivo del promotore diventa la base di gara
I concorrenti presentano offerte migliorative rispetto alla proposta originaria
- L’offerta migliore viene selezionata
- Esercizio del Diritto di Prelazione del Promotore (entro 15 da aggiudicazione)
Se esercita il diritto di prelazione: il promotore diventa concessionario
Se NON esercita il diritto di prelazione: la concessione è assegnata all’aggiudicatario (sebbene il correttivo al Dlgs 36/2023 in tema di Project financing estenda diritto prelazione anche ai partecipanti, l’art. 4 DLgs 38/2021 dispone che «Si applicano, per quanto non diversamente disciplinato, dal presente articolo, le previsioni del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in materia di finanza di progetto»)
- Firma del Contratto / esecuzione progetto
- Controllo e monitoraggio PA
Il Dlgs 38/2021 prevede, inoltre, almeno altre due modalità di interazione con gli enti sportivi. Una prevista all’art. 5, secondo quella che sembra configurarsi come una forma speciale di concessione tramite affidamento diretto in cui associazioni e società sportive senza fini di lucro possono presentare all’ente locale, sul cui territorio insiste l’impianto sportivo da rigenerare, riqualificare o ammodernare, un progetto preliminare accompagnato da un piano di fattibilità economico finanziaria per la rigenerazione, la riqualificazione e l’ammodernamento e per la successiva gestione con la previsione di un utilizzo teso a favorire l’aggregazione e l’inclusione sociale e giovanile. Se l’ente locale riconosce l’interesse pubblico del progetto, affida direttamente la gestione gratuita dell’impianto all’associazione o alla società sportiva per una durata proporzionalmente corrispondente al valore dell’intervento e comunque non inferiore a cinque anni. L’altra, descritta all’art. 6, in cui si prevede, invece, un appalto di servizi da assegnare secondo le procedure del CCP e a norma del quale “l’uso degli impianti sportivi in esercizio da parte degli enti locali territoriali è aperto a tutti i cittadini e deve essere garantito, sulla base di criteri obiettivi, a tutte le società e associazioni sportive. Nei casi in cui l’ente pubblico territoriale non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la gestione è affidata in via preferenziale a società e associazioni sportive dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate e federazioni sportive nazionali, sulla base di convenzioni che ne stabiliscono i criteri d’uso e previa determinazione di criteri generali e obiettivi per l’individuazione dei soggetti affidatari. Gli affidamenti di cui al comma 2 sono disposti nel rispetto delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (oggi Dlgs 36/2023), e della normativa euro-unitaria vigente”.