Premesse

Il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, con l’introduzione di specifiche previsioni normative volte a garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, a tutela dei lavoratori coinvolti nell’esecuzione dell’appalto, abbandona l’idea di una funzione meramente promozionale e incentivante delle norme sulle clausole sociali nella disciplina dei contratti pubblici, mirando a conseguire un effettivo risultato applicativo con norme maggiormente pregnanti e vincolanti nei confronti degli operatori economici.

Il Decreto Correttivo al Codice (D.lgs. n. 209/2024) pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2024 conferma questa direzione e definisce le modalità per l’individuazione del CCNL applicabile ai lavoratori impiegati nell’appalto e per il calcolo dell’equipollenza del diverso contratto proposto dall’operatore economico aggiudicatario.

Le disposizioni codicistiche in materia di applicazione dei CCNL di settore

Una delle principali novità normative introdotte dal D.lgs. n. 36/2023, concerne l’obbligo in capo alle Stazioni Appaltanti di individuare e riportare negli atti di gara il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni contrattuali, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.

Tale enunciazione di principio, poi declinata nell’ambito delle clausole sociali disciplinate dall’art. 57, comma 1, del Codice, riguarda i contratti di appalto e di concessione aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, con esclusione dei servizi di natura intellettuale e delle forniture senza posa in opera; ciò anche in considerazione della difficoltà di individuare un CCNL di riferimento in tali contesti e dell’applicazione, per i servizi aventi natura intellettuale, del principio dell’equo compenso, come previsto dalla Legge n. 49 del 2023.

Tuttavia, nell’ottica della tutela della libertà di iniziativa economica, il legislatore ha, in ogni caso, previsto, per le imprese concorrenti, la possibilità di indicare nella propria offerta il differente contratto da applicare ai propri dipendenti, purché esso assicuri le medesime tutele economiche e normative di quello indicato dalla Stazione Appaltante.

Invero, il comma 4 dell’art. 11 del Codice, da un lato, impone all’operatore economico di presentare, prima dell’aggiudicazione o dell’affidamento, una dichiarazione di impegno ad applicare il contratto collettivo indicato per tutta la durata dell’appalto ovvero una dichiarazione di equivalenza delle tutele rispetto al diverso contratto applicato; dall’altro, pone in capo alla Stazione Appaltante l’effettiva verifica di equipollenza nell’ambito del sub-procedimento di verifica di anomalia dell’offerta di cui all’art. 110 del Codice.

Il Decreto Correttivo e l’individuazione del CCNL applicabile

Data l’evidente difficoltà registrata dalle Stazioni Appaltanti nell’individuazione del CCNL applicabile all’oggetto dell’appalto, il Decreto Correttivo al Codice fornisce alcune indicazioni di dettaglio volte ad agevolare l’individuazione del contratto collettivo da riportare nei documenti di gara e la valutazione in merito all’equivalenza delle tutele economiche e normative nel caso in cui l’operatore economico indichi l’applicazione di un differente contratto.

In particolare, l’art. 11, comma 2, del D.lgs. n. 36/2023 prevede ora che nei documenti iniziali e nella decisione di contrarre le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente anche in maniera prevalente e il un nuovo Allegato I.01 detta modalità operative di ausilio alle Stazioni Appaltanti nella scelta del contratto da applicare e nella verifica di equivalenza delle tutele.

Il contratto collettivo è individuato previa valutazione della stretta connessione dell’ambito di applicazione dello stesso rispetto alle prestazioni oggetto dell’appalto o della concessione, da eseguire anche in maniera prevalente, e del criterio della maggiore rappresentatività comparativa sul piano nazionale delle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro.

A tal fine, occorre preliminarmente:

  1. identificare il settore dell’attività oggetto dell’appalto attraverso il riferimento al codice ATECO, secondo la classificazione delle attività economiche adottata dall’ISTAT, eventualmente anche in raffronto con il codice CPV indicato nei relativi bandi, inviti e decisione a contrarre;
  2. individuare l’ambito di applicazione del contratto collettivo di lavoro in relazione ai sottosettori con cui sono classificati i contratti collettivi nazionali depositati presso l’archivio del CNEL.

Nell’ambito dei contratti collettivi di lavoro coerenti con i requisiti suddetti, la Stazione Appaltante deve:

  1. fare riferimento ai CCNL stipulati tra le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale presi a riferimento dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella redazione delle tabelle per la determinazione del costo medio orario del lavoro, adottate ai sensi dell’art. 41, comma 13, del Codice, come parametro di riferimento ai fini del rispetto dei minimi retributivi;
  2. in assenza delle tabelle ministeriali di riferimento, richiedere al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di indicare, anche sulla base delle informazioni disponibili, il CCNL con maggiore rappresentatività e applicabile alle prestazioni oggetto dell’appalto.

Sul punto, si segnala che dall’archivio CNEL è possibile ricavare un indice numerico che rileva il numero di lavoratori a cui si applica ogni singolo contratto collettivo: ciò avviene mediante collegamento tra il codice alfanumerico attribuito dal CNEL ai singoli CCNL e il codice Uniemens attribuito dall’INPS ai lavoratori, all’atto delle iscrizioni contributive. Le risultanze di questo incrocio di informazioni consentono di conoscere il numero di lavoratori cui viene applicato il singolo CCNL e il relativo “peso specifico” – ad esempio, prevalente o meno – in un preciso settore.

Inoltre, il Ministero del Lavoro, anche sulla base della giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, già con l’interpello n. 27 del 15 dicembre 2015, ha individuato alcuni indici sintomatici da tenere in considerazione per l’individuazione delle organizzazioni comparativamente più rappresentative in ambito nazionale: 

  1. numero complessivo dei lavoratori occupati; 
  2. numero complessivo delle imprese associate; 
  3. diffusione territoriale (numero di sedi presenti sul territorio e ambiti settoriali); 
  4. numero dei contratti collettivi nazionali sottoscritti.

L’applicazione di un diverso CCNL e la verifica di equivalenza delle tutele

L’art. 11 del Codice, ai commi 3 e 4, stabilisce che gli operatori economici possono dichiarare di applicare un CCNL diverso rispetto a quello stabilito dalla Stazione Appaltante negli atti di gara, purché lo stesso garantisca ai lavoratori impiegati nell’appalto le medesime tutele economiche e normative di quello indicato.

In tali casi, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione, le Stazioni Appaltanti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il CCNL indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele: in quest’ultimo caso, la dichiarazione è verificata dalla Stazione Appaltante con le modalità di cui all’art. 110 del Codice, sia per la parte economica sia per la parte normativa.

Sul punto, l’art. 3 del nuovo Allegato I.01 introdotto dal Correttivo stabilisce che si considerano equivalenti le tutele garantite da contratti collettivi nazionali e territoriali di lavoro sottoscritti congiuntamente dalle medesime organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative con organizzazioni datoriali diverse da quelle firmatarie del CCNL indicato dalla Stazione Appaltante, attinenti al medesimo sottosettore, a condizione che ai dipendenti dell’operatore economico sia applicato il CCNL corrispondente alla dimensione o alla natura giuridica dell’impresa; per gli appalti relativi al settore dell’edilizia, si considerano in ogni caso equivalenti i CCNL classificati mediante codice unico alfanumerico CNEL/INPES F012, F015, F018.

Ove non risulti possibile attestare l’equivalenza delle tutele nei termini sopra indicati, si considerano, ai fini della valutazione di equipollenza, le tutele economiche e normative dei due differenti contratti.

La valutazione di equivalenza economica è effettuata in relazione alle componenti fisse della retribuzione globale annua, costituite dalle seguenti voci:

  1. retribuzione tabellare annua;
  2. indennità di contingenza;
  3. elemento distinto della retribuzione (EDR);
  4. eventuali mensilità aggiuntive;
  5. eventuali ulteriori indennità previste.

La valutazione di equivalenza delle tutele normative è effettuata, invece, sulla base dei seguenti parametri:

  1. disciplina concernente il lavoro supplementare;
  2. clausole relative al lavoro a tempo parziale;
  3. disciplina del lavoro straordinario, con particolare riferimento ai limiti massimi;
  4. disciplina compensativa delle festività soppresse;
  5. durata del periodo di prova;
  6. durata del periodo di preavviso;
  7. durata del periodo di comporto in caso di malattia e infortunio;
  8. disciplina per malattia e infortunio, con particolare riferimento al riconoscimento di un’eventuale integrazione delle relative indennità;
  9. disciplina della maternità e l’eventuale riconoscimento di un’integrazione della relativa indennità per astensione obbligatoria e facoltativa dei genitori;
  10. monte ore di permessi retribuiti;
  11. disciplina relativa alla bilateralità;
  12. obblighi di denuncia agli enti previdenziali, inclusa la Cassa edile, assicurativi e antinfortunistici, inclusa la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, anche con riferimento alla formazione di primo ingresso e all’aggiornamento periodico;
  13. previdenza integrativa;

La Stazione Appaltante può ritenere sussistente l’equivalenza delle tutele quando il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua risulta almeno pari a quello del CCNL indicato negli atti di gara e quando gli scostamenti rispetto ai parametri normativi suindicati sono marginali, fermo restando che i criteri per definire tali gli scostamenti saranno oggetto di apposita regolamentazione ad opera del Ministero del Lavoro e del MIT.

L’obbligo di verifica della dichiarazione di equivalenza e i recenti approdi della giurisprudenza amministrativa

L’Allegato I.01 al Codice, dopo aver evidenziato che gli operatori economici sono tenuti a trasmettere la dichiarazione di equivalenza in sede di presentazione dell’offerta, specifica che la verifica di tale dichiarazione deve essere effettuata ad opera della Stazione Appaltante prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione.

A conferma della novella normativa, il T.A.R. Lombardia, con la recente sentenza n. 296 del 30 gennaio 2025, ha chiarito che la verifica dell’equivalenza delle tutele non costituisce una facoltà per il RUP, ma un preciso obbligo di legge da ottemperare: non agisce, pertanto, correttamente il RUP che si limiti a recepire i contenuti del CCNL applicato dall’operatore economico nonché i contenuti della dichiarazione di equivalenza allegato allo stesso, senza effettuare le verifiche di equivalenza.

Nel caso di specie, oggetto di censura è la condotta della Stazione Appaltante che ha omesso di procedere, in ossequio al disposto dell’art. 11, comma 4, del Codice, alla verifica del contenuto della dichiarazione di equivalenza, anche con le modalità di cui all’art. 110 del medesimo Codice, limitandosi a recepire supinamente la dichiarazione resa dall’aggiudicataria.

Invero, i giudici hanno rammentato che, se da un lato, mediante l’istituto in esame, il legislatore ha inteso riconoscere agli operatori economici una maggiore flessibilità nella propria organizzazione aziendale, quale corollario della libertà di iniziativa economica privata sancita dall’art. 41 della Costituzione (con la conseguenza che la norma non può essere interpretata in senso eccessivamente restrittivo, in quanto occorre evitare di introdurre freni non necessari alla concorrenza e al principio di massima partecipazione – v. in tal senso TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, ord. 12.03.2024, n. 89), dall’altro, tale facoltà deve contemperarsi con l’ineludibile esigenza di tutela dei lavoratori, la quale postula un’attenta disamina da parte della Stazione Appaltante circa l’effettiva equivalenza delle tutele economiche e normative riconosciute in forza del diverso CCNL prescelto dall’operatore economico.

Peraltro, il Collegio, a sostegno della tesi summenzionata, richiama le disposizioni introdotte con il Decreto Correttivo – pur non applicabili al caso in esame – secondo cui la determinazione di affidamento/aggiudicazione deve necessariamente essere preceduta dalla verifica della dichiarazione di equivalenza, la quale assume, pertanto, carattere obbligatorio.